Sono sempre stato affascinato dalle persone con un carattere deciso ed uno spirito forte, le Haenyeo dell’isola di Jeju sono sicuramente le esponenti maggiori di questa caratteristica dell’animo umano che io abbia mai incontrato.
Jeju è una meravigliosa isola vulcanica a sud-ovest della costa della Corea del Sud, qui da centinaia di anni vive una comunità di donne che praticano la pesca subacquea in apnea, fonte di sostentamento per loro e per le loro famiglie.
Le donne si immergono nella fredda acqua delle coste dell’isola di Jeju con le loro pinne, muta, pesi pettorali, guanti e maschera, riuscendo a raggiungere in apnea profondità di circa 10 metri, anche se ho sentito di haenyeo che raggiungono i 30 metri sott’acqua. Rimangono nelle profondità marine solitamente pescando dalle 3 alle 6 ore al giorno.
Risalendo in superficie dopo circa 2-3 minuti di immersione, in base all’abilità della donna, le haenyeo emettono un particolare fischio (chiamato Sumbi Sori) che le permette di rilasciare il diossido di carbonio generato durante l’apnea, un suono che pare appartenere a delle affascinanti creature mitiche, nate dall’incontro fra il mondo umano e quello marino.
Considerate uno dei tesori dell’isola di Jeju, le donne subacquee, senza ausilio di bombole d’ossigeno o di boccagli e dotate di solo ràffio (un’asta ad uncino) chiamato kkakkuri, catturano molluschi come polpi, ostriche, lumache e ricci di mare che ripongono nella rete verde attaccata ad un galleggiante arancione, per poi rivendere il tutto ai mercati o ai ristoranti.
Alcune organizzano dei banchetti in riva al mare dove puliscono e servono il loro freschissimo pescato direttamente nelle fauci dei soddisfatti clienti. Ad ogni boccone gli occhi dei commensali si spalancano in un’espressione di adorazione per il cibo gustato.
Tradizionalmente le ragazze iniziavano la loro formazione attorno agli 11 anni, passando dall’acqua bassa a profondità maggiori per poi diventare dopo 7 anni ufficialmente delle haenyeo. Imparando a trattenere il respiro, immergersi in profondità e a capire i limiti del proprio corpo legati alla pressione esercitata dall’acqua o al livello di ossigeno, cose di vitale importanza in questo tipo di pesca subacquea.
Le mute all’inizio erano solo dei costumi da bagno in cotone con dei pesi cuciti per facilitare l’immersione, cosa che in inverno rendeva la pesca ancora più impegnativa e faticosa. Il freddo e le intemperie non hanno mai fermato queste donne dal forte temperamento, ancora oggi le haenyeo si raccolgono attorno a falò sulla costa per riscaldarsi, prima di rimettersi in acqua senza esitazione.
Il numero delle donne del mare è drasticamente diminuito negli ultimi decenni in quanto la difficile vita legata alle immersioni ha trovato delle alternative, soprattutto grazie al crescente business del turismo e dell’agricoltura (caratteristiche dell’isola sono le coltivazioni di mandarini, sparse un pò ovunque soprattutto nella zona di Seogwipo) e alla possibilità data dall’educazione moderna nel trovare altri tipi di lavoro molto meno pesanti e più facili ma che decisamente hanno un altro impatto sull’animo umano, che non viene decisamente temprato seduti alla scrivania in un ufficio.
Oggi le haenyeo sono praticamente tutte over 50, spesso se ne incontrano che hanno addirittura più di 80 anni, ma a vederle in azione dimostrano l’età di una giovane ragazza.
Ho viaggiato parecchio e conosciuto molte culture, persone e stili di vita e le haenyeo sono personaggi rari ed unici che mi hanno davvero colpito per la loro singolare forza, determinazione e coraggio nel rischiare la vita praticamente tutti i giorni che si immergono per portare a casa il denaro per loro e le loro adorate famiglie.
Lo sguardo è quello che mi ha affascinato di più, occhi luminosi e carichi di vitalità in un volto decorato dai segni del tempo passato in condizioni fisicamente difficili, con un sorriso genuino e puro e un qualcosa di indescrivibile, intenso, saggio e profondo che trasmettono solo allo starle vicine.